Sulla Normodinamica: alcuni estratti dai Seminari di Paolo Menghi

I testi che seguono sono stati estrapolati da alcuni dei Seminari di Paolo Menghi pubblicati in Trasformare la mente, Ubaldini editore, Roma, 2009

Normodinamica significa usare le maschere verso la conoscenza di ciò che siamo, al contrario di chi le usa per fuggire quella conoscenza. Normodinamica è imparare a non trasformare le proprie reazioni in giudizio di sé e degli altri. È imparare che non ci sono reazioni sbagliate o giuste, perché questa valutazione porta l’individuo a non essere mai responsabile di ciò che è in quel momento e a fare finta di aver bisogno che qualcuno gli insegni a diventare più responsabile. Ci sono le reazioni che ci sono: a noi scegliere se farci governare da esse o essere noi a governarle. In piena libertà di scelta.

Normodinamica è sperimentare e comprendere la protezione e i vantaggi che la viltà, la stupidità e l’inconsistenza offrono a organismi poco evoluti. Rendersi conto della temporanea necessità di dimensioni denominate negative permette di rinunciare al senso di colpa che invece consente il loro mantenimento anche quando esse non servono più. Normodinamica è espansione della coscienza. C’è una proporzione tra coscienza e consistenza, per cui costruire il contenitore per la coscienza che maturiamo è altrettanto importante che ampliare quella coscienza. Se c’è paura di coscienza è perché manca il calibro per reggerla. Ecco perché yoga evolutivo e normodinamica sono legati e procedono di pari passo.
Questo è il lavoro.
(da La scienza dello yoga evolutivo, T.M. p. 91)

Imporre disciplina al proprio fisico è l’impegno più semplice con cui cimentarsi. Tanto vale partire da lì. Si tratta di una facilitazione per apprendere a stare e a trattare con ciò che c’é, compreso ciò che abitualmente viene considerato un ostacolo. Nell’attitudine di accettare sia le valenze positive sia quelle negative della vita, impiegandole entrambe per proseguire nella medesima direzione, risiede il fondamento di ciò che chiamiamo normodinamica: una competente accettazione attiva della dinamica normale dell’esistenza. Allora anche i fastidi, i pruriti e tutte le inevitabili insofferenze legate alla pratica possono diventare metafora e carburante per andare oltre e attraversare indenni anche i fisiologici desideri di onnipotenza connessi al percorso. Senza disciplina tutto rimane statico, mentre per suo tramite si conquista stabilità. Ma solo ciò che è stabile si può permettere di essere anche dinamico: cangiante nella forma perché stabile nell’intento. La costanza nella via della conoscenza obbliga a costruire stabilità e, al tempo stesso, movimento, perché soltanto poggiando su di essa è possibile sostenere i cambiamenti necessari per continuare il percorso. Costanza, stabilità e dinamicità consentono di non invecchiare mai, perché ogni giorno impongono il rinnovamento, costringendo a una morte e a una rinascita continue. E l’ultima morte sarà l’ultima rinascita.
(da La disciplina, T.M. p. 34-35) 

Attraverso la meditazione, integrata con la pratica degli yåna e con la meditazione relazionale, elementi sui quali si basa questa scuola, si può cominciare ad accettare l’attrito che si genera tra ciò che siamo, ciò che vorremmo essere e ciò che gli altri si aspettano da noi in base ai loro stereotipati cliché. Sapere cosa c’è dentro e fuori di noi significa essere finalmente coscienti. La meditazione relazionale è lo strumento che consente a tale coscienza di realizzarsi. L’azione compiuta all’interno di una vigilanza continua e impeccabile che osservi e includa il passato, il futuro e il presente, è l’unica meditazione che conosco: mettere radici nel passato, radici nel futuro, radici nel presente, che li include entrambi. Sto parlando di tecniche, impiegate all’interno di uno stato della mente diretto verso un processo evolutivo: le tecniche sono complesse e richiedono applicazione e disciplina per essere apprese correttamente, all’interno dell’attitudine differenziata e differenziante che producono. Vi ho messo a disposizione un metodo per cogliere al meglio le possibilità che la vita propone a tutti.
(da La meditazione, T.M. p. 104-105) 

Una via evolutiva non è altro che una trasformazione volontaria di ciò che avviene in natura, ma dal momento che è volontaria comporta una scelta e questo immediatamente conferisce dignità e potere al processo, che viene agito e non subito. Chi tra voi sente che vuole continuare a fare il bambino non si senta in colpa: il bambino insegna ai genitori ad accoglierlo ma, nonostante la sua intenzione sia quella di continuare a ricevere in eterno, in realtà prenderà poco per sé. Perché ciò che prende non troverà spazio in lui. Chi invece ha deciso di dare qualcosa a chi si trova più indietro si esporrà, e in quell’esposizione mostrerà i propri limiti lasciando le illusioni e aprendosi alla vita. È l’esporsi in un ruolo genitoriale, con i rischi che ne conseguono, a dare valore all’esistenza, non sono le qualità specifiche del genitore. Queste si formano durante il processo. L’esposizione adulta dell’insegnante permette allo studente di fare su di lui le proiezioni più stravaganti e, nel confronto tra la realtà e tali proiezioni, potranno cadere le illusioni. E andremo a in- contrarci in un’intimità più vera. Porsi nella posizione di dare a qualcuno, di per sé, merita rispetto e sostegno. Non è una scelta personale, è scritto nel destino dell’uomo. Sono coloro che si impegnano in questo compito, al cento per cento delle loro possibilità, ad avere visi radiosi, non le persone più sofisticate e competenti nel farlo credere a qualcun altro.
(da Partire in silenzio, T.M. p. 54) 

La crescita individuale è determinata dall’appartenenza a un sistema. Cos’è un sistema? È un gruppo con una storia. In questo mondo relativo, il gruppo fornisce la misura dell’estensione nello spazio e la storia quella dell’estensione nel tempo. Non sottovalutate la storia, perché è nella continuità dell’appartenenza che si genera l’esperienza del contatto e del distacco, senza la quale non si può sviluppare competenza né calibro.
Cos’è un gruppo? Un gruppo è un insieme di unità individuali in interazione tra loro. La storia è invece rappresentata dagli avvenimenti che si succedono nel tempo all’interno del gruppo. Che cosa tiene unito un sistema? Il suo scopo. È lo scopo che dà corpo al sistema. Se oggi, quindi, dovessimo definire il Mandala in relazione alle esperienze che già vi stanno attraversando, potremmo dire che è un sistema avente come scopo l’evoluzione; quindi è un sistema di apprendimento contenuto in un sistema di relazioni dove quest’ultimo diviene il terreno per l’esperienza, cioè il suo corpo.

L’organismo umano
L’organismo umano è un esempio di questi concetti. Anch’esso è un sistema, nel quale ogni parte, ogni cellula, si sviluppa in funzione della sua progressiva individuazione e della sua connessione con le altre parti. La contemporanea sussistenza di questi due elementi (differenziazione e appartenenza) assicura la crescita evolutiva dell’organismo nei suoi diversi livelli di densità: fisico, eterico, astrale, mentale e sovramentale. L’esperienza del sacro non è solo un’esperienza psicologica, ma diviene veramente spirituale quando ha raggiunto l’intensità sufficiente per poter entrare consapevolmente nella densità biologica della materia. Il corpo umano è un sistema che ha la possibilità di produrre consapevolezza e che, naturalmente, per ottenere questo risultato deve prima di tutto sopravvivere. Ciò che è una necessità (la sopravvivenza), per i più diviene col tempo l’obiettivo: l’esistenza si riduce progressivamente al mero tentativo di sopravvivere con meno attrito possibile.

La famiglia
Un’altra esemplificazione di sistema osservabile e studiabile, alla quale possiamo occasionalmente rifarci, è la famiglia, vista nell’evoluzione del suo ciclo vitale. Come ogni sistema, anche la famiglia può essere osservata nelle manifestazioni funzionali che favoriscono l’evoluzione e nelle manifestazioni disfunzionali che invece la bloccano, impedendo la crescita dei suoi membri. Quando cioè le funzioni dei membri familiari non sono chiare ma confuse, assistiamo alle perversioni più incredibili; quando al contrario queste stesse funzioni sono definite ma rigide, esse divengono mutilanti rispetto alle potenzialità individuali.
(da Il sistema di apprendimento, T.M. p. 138-139)  

Il sacro non nasce dall’eliminazione del conflitto né dal subirlo, ma dalla sua accettazione consapevole. Osservare, accettare, condividere. Quando colmiamo lo iato tra ciò che avviene e noi stessi, tra osservatore e osservato, partecipiamo alla creazione e non possiamo che essere felici. Il passato è presente, il futuro è presente, ogni cosa è presente in noi e nasce un attimo eterno in cui registriamo tutto senza dimenticare niente. Questa ricerca di unione mente-corpo-spirito è la base della normodinamica: è l’unione dell’individuo con tutti gli altri, l’unione dell’alto con il basso. 
(da La meditazione, T.M. p. 112)   

Trasformare la mente di Paolo Menghi è disponibile su IBS 

 

 

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